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Omelia per la solennità di S. Emidio Vescovo e Martire

EVENTI

Lux Fulgebit - La Natività tra arte e musica

La natività tra arte e musica. Concerto di musica antica 29 dicembre ore 21,00 - Cripta della…

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20/12

Festività della Madonna delle Grazie

Programma religioso della Festività della Madonna delle Grazie

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18/09

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NEWS

Messaggio del Santo Padre per la XXVII Giornata Mondiale del Malato

«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8) Pubblichiamo di seguito il Messaggio…

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Sant’Egidio di Monsampolo del Tronto - inaugurata chiesa temporanea

È stata inaugurata a Monsampolo del Tronto nella frazione di Sant'Egidio una chiesa temporanea…

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  1. Non so se vi siate accorti che ogni giorno i media ci parlano di violenza, uccisioni in famiglia, e aumento della solitudine; nei social trionfa l’accanimento e l’odio, odio gratuito che talora spinge al suicidio. In questa nostra città, proprio in questi giorni mentre tutto era proiettato verso la festa di Sant’Emidio sono avvenute diverse tragedie, suicidi e omicidi.  Ho ricevuto una lettera struggente e disperata che non vi leggo, ma che ho qui con me e conservo come stimolo a riflessione costante e preghiera. Invece desidero leggervi un pensiero che una persona, un giovane di strada, disperato per la sua situazione familiare e personale,  mi ha inviato come sua riflessione e che ho trovato questa notte rientrando dall’ormai consueto saluto ai sestieranti impegnati nelle cene propiziatorie: “Se ti fermi per strada e mi guardi, se mi prendi la mano ed io la prendo e se mi lasci, non essere sorpreso se prenderò a schiaffi un altro quando verrà  a tenermi la mano”.
  2. Queste parole, come è facile immaginare, mi hanno cambiato la notte e mi hanno suscitato alcune riflessioni che condivido con voi. È innegabile: noi ormai viviamo in un mondo di angoscia. Ci si sente male nella propria pelle, si è in una specie di stato interiore in cui si immagina che le persone intorno a noi guardino sempre e solo il “brutto” che è dentro di noi e questo crea angoscia intollerabile.
    Esiste una paura di amare perché la realtà che molti di noi vivono è assai vicina al confine della disperazione o ad una forma di tristezza che impedisce ogni forma di slancio e ogni creatività o ad  una forma di violenza che a prima vista sembra inspiegabile. Questa è una realtà pericolosa;  in questo contesto molti pensano che amare sia calmare gli altri, dar loro qualcosa, penetrare nel loro spazio segreto per fare del bene.  
  3. C’è una domanda che ho sentito tante volte: Ti interessi veramente di me?  Perché? Cosa vuoi? Chi te lo fa fare?  Questo lo chiamo, in una parola: aver paura di vivere, paura dell’altro, paura di lanciarsi, la paura della vita, la paura di Gesù, in una parola, la paura di amare. Come assumere allora questa paura, senza far finta che non esista? Riflettiamo insieme brevemente. Dobbiamo innanzitutto aiutarci a trovare reciprocamente il nostro spazio e rispettarlo. Amare non è dare la mano a qualcuno quando si cammina per la strada, non è accarezzare. È aiutare la persona a diventare più libera, ad essere se stessa, a scoprire la bellezza, a scoprire che ognuno è fonte di vita. Si può uccidere credendo di amare perché si tende a creare uno stato di dipendenza che porta alla frustrazione e all’odio o si fa scattare tutto il mondo della sessualità o della gelosia così che l’altro non sa più come gestirsi. Il solo vero dono è la rivelazione all’altro delle sue qualità positive, che gli danno fiducia in se stesso e che gli provano che è capace di fare qualcosa di bello.
  4. Esiste la paura di essere amati. Si pensa che tutti vogliano essere amati, ma non è sempre vero perché quando si è amati e poi traditi o abbandonati, nasce naturalmente la volontà di non amare più. Da qui scaturisce inevitabilmente la paura dell’impegno e la mancanza di fiducia, la paura dell’altro che se si avvicina troppo a me, scopre la mia povertà fondamentale e perde l’immagine che aveva di me. Meglio vivere a distanza, perché l’altro non scopra chi sono veramente.  
  5. La nostra riflessione avrebbe bisogno di molti approfondimenti e occorre farli perché altrimenti anche la nostra fede resta superficiale e inconcludente. Ma, per brevità, mi permetto trarre qualche conclusione che sia stimolo a prolungare la nostra riflessione e soprattutto a pregare e ad aprire gli occhi su noi stessi e sugli altri, a guardare la realtà con gli occhi di Dio. Io ho capito che Amare è rispettare tutte le distanze dell’altro, perché non do il mio amore ma l’amore di Gesù Cristo. Ecco perché debbo essere radicato in Gesù per poter amare veramente l’altro, rispettandolo. Gesù ci da la certezza che esiste una potenza d’amore molto più forte del nostro amore e che non siamo noi a creare questo mondo di comunione al quale aspiriamo. Noi siamo solo strumenti di una delicatezza straordinaria. Prendendo coscienza che Gesù ama dentro di noi, non per i nostri successi o per le nostre competenze, ma ci ama così come siamo, nella nostra povertà che conosce meglio di chiunque, scopriamo di essere chiamati anche noi ad amare l’altro nella sua povertà. Ci vorranno forse anni, ma che importa! L’essenziale non è la guarigione ma la fiducia reciproca, la crescita della fiducia in noi, quella che oggi chiamano resilienza, la speranza.
  6. Nella misura in cui scopriamo l’infinita misericordia di Gesù, la delicatezza del suo perdono per noi possiamo a nostra volta diventare strumenti di misericordia e di perdono per gli altri. E il perdono non è dato una volta per caso, perché l’amore è sempre perdono: è misericordia che va al di là degli errori dell’altro, incontra la sua vera persona in quel luogo in cui dimora lo Spirto Santo, in questo tempio dello Spirito Santo che siamo ognuno di noi.
    Non importa allora se dentro di noi ci sentiamo in crisi, fragili, invidiosi e tristi perché l’amore – questo amore – è l’amore di Dio che è più forte e dobbiamo semplicemente accettare le nostre tenebre e lasciarci purificare da Gesù Cristo. Gesù ci dice: Puoi osare di amare. Forse farai stupidaggini e avrai insuccessi, ma non ti scoraggiare; non temere di esser infedele perché alla fine è la mia fedeltà che passerà attraverso di te.
  7. Solo in questa luce possiamo parlare di fede, di vangelo vissuto, di santità e qui sta il vero martirio. In questa luce comprendiamo il martirio di sant’Emidio, che dal cielo intercede per noi. Da soli non possiamo essere fedeli; senza la forza che ci viene dal cuore di Gesù non c’è amore forte e vero, sincero e gratuito, non c’è amore che da veramente vita. Lontano da Dio, l’amore diventa sempre conquista degli altri, possesso di sé e degli altri. Amare invece è cercare sempre e solamente Gesù, non noi, è cercare Gesù attraverso noi. Ecco la santità possibile a tutti, se siamo radicati con fede nello Spirito Santo e in Gesù. Ecco la vera rivoluzione cristiana, oggi indispensabile e possibile a tutti. Solo Gesù, come insegna sant’Emidio, può darci forza e coraggio per resistere al male; solo Lui ci dona la pace interiore che rende vero il nostro amore. Non però amore sdolcinato e interessato, non amore che cerca possesso e potere o gloria e interesse, ma amore che da la vita, quell’amore che ha vinto la paura e diventa mano tesa in una realtà pericolosa come è il mondo di oggi, pieno di angoscia. Amore che ci mette alla prova per vincere le resistenze del Male. Un amore che si china sulle ferite del mondo.  Amore che  permette a chi  soffre, e a tutti noi che in un modo o nell’altro soffriamo, di scoprire che ognuno è fonte di vita e quindi di gioia, di santità. Che la santità è possibile, perché ci fa tenere i piedi per terra e aggrapparci all’amore infinito di Dio che per noi ha dato tutto sesso, dono infinito di amore.
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