Omelia del Vescovo Domenico nella Festa del Battesimo del Signore

10 Gennaio 2021, omelia del Vescovo Domenico Pompili nella Festa del Battesimo del Signore, celebrata nelle parrocchie di S. Giuseppe in Colli del Tronto e S. Antonio in Villa S. Antonio

Omelia del Vescovo Domenico nella Festa del Battesimo del Signore – 10 Gennaio 2021 – Parrocchie di S. Giuseppe in Colli del Tronto e S. Antonio in Villa S. Antonio

(Si 55,1-11; Sl:Is 12,2-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11)

“Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali”. Giovanni non è soltanto una persona onesta, che evita accuratamente di cavalcare il facile consenso di chi lo confonde con il Messia. È anche onesto nel senso di riconoscere la condizione umana. La sua è, infatti, una consapevolezza lucida e tragica insieme: per quanto l’uomo si dia da fare per mettere ordine nella propria vita, non basta. C’è sempre il rischio che tutto si riduca ad una pulitura esteriore, ad un rifacimento apparente, ad un cambiamento illusorio. Ecco perché lui stesso aggiunge: “Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Questa discrepanza tra passato e futuro segna anche la distanza tra ciò che è materiale, terreno contingente, e ciò che è immateriale, divino e definitivo. Per rendersi conto di questo, però, occorre giungere alla consapevolezza del Battista che sa con assoluta certezza che non è autosufficiente. Il peccato più radicale dell’uomo di sempre è la presunzione di cavarsela da sé, senza bisogno di aiuto da Altro. Quando ci si sente a posto, ci si chiude in se stessi. Il Covid è stato per noi, “Primo mondo”, un imprevedibile bagno di umiltà. A noi non si pensava toccasse mai di sperimentare questa tragedia e tale emergenza. Ma tant’è!

“Gesù… fu battezzato da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba”. Solo Gesù vede i cieli che si aprono a riprova che esiste una via di uscita da questo mondo che senza cielo rischia di farci sentire come ‘topi in gabbia’. Occorre trovare la spiegazione di noi al di fuori di noi. Diversamente non sarà possibile comprendere chi siamo. Così è per noi che quando siamo sotto un cielo chiuso ed impenetrabile non solo produciamo emicrania, ma anche sperimentiamo una vena di depressione e di stanchezza. Dietro l’agitarsi nevrotico di noi post moderni si può agevolmente leggere l’insoddisfazione di sentirsi dentro una gabbia di cemento che è il mondo artefatto fortuito da noi. Il particolare della colomba evocato nel testo di Marco aggiunge un’ultima decisiva sfumatura alla bellezza della terra che non è chiusa in se stessa. Suggerisce che non siamo noi a dover andare in alto, ma è Dio che feconda la terra grazie a quel Figlio, del quale dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Non basta il cielo aperto se non percepiamo che la figliolanza è la via per ritrovare se stessi. Il battesimo di Gesù, insomma, non segna solo l’inizio della vita pubblica del giovane profeta di Nazaret. Ma anche la consapevolezza che il cielo è ormai aperto e che Dio viene a noi senza che si debba dare l’assalto ai cieli. Basta renderlo accessibile alla nostra vita di ogni giorno. Per sentirsi finalmente figli prediletti. Non figli di un dio minore.

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