Omelia del Vescovo Domenico per la Festa ed il Transito di San Francesco d'Assisi

3 Ottobre 2021, Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Francesco di Ascoli Piceno

Festa di San Francesco 2021: omelia del Vescovo Domenico Pompili

(Sir 50, 1.3-7; Sl 15; Gal 6,14-18; Mt 11, 25-30)

Ormai vicino alla morte, “considerando che non poteva visitare i singoli a causa della malattia e della debolezza del suo corpo” e, d’altra parte, ritenendosi obbligato, come servo di tutti, “ a servire a tutti e ad amministrare a tutti le fragranti parole del suo Signore” (FF 180), Francesco scrive tre lettere circolari, rivolte “a tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, maschi e femmine, a tutti coloro che abitano nel mondo intero”; un’altra “ a tutti i chierici” e una terza “ai reggitori dei popoli”.

Il messaggio della lettera ai cristiani è un invito a ritornare a Dio, cioè la preminenza dell’adorazione di Dio su ogni altra attività umana. Scrive Francesco: “Ogni creatura che è in cielo e in terra e nel mare e nella profondità degli abissi, renda a Dio lode, gloria e onore e benedizione, poiché egli è la nostra virtù e la nostra forza. Egli che solo è buono, che solo è altissimo, che solo è onnipotente e ammirabile, glorioso e santo, degno di lode, benedetto per gli infiniti secoli dei secoli” (FF, 202).

A pensarci è questo lo stesso messaggio del Cantico della creature che – si badi bene – non è un Cantico rivolto alle creature, ma a Dio, a causa delle creature. È questo il senso della preposizione “per” che accompagna i singoli versi del Cantico:”Laudato si, mi Signore, per Sora Luna… , per Frate Vento, per Sora Aqua…”. Si secolarizza il suo senso genuino se si riduce Francesco ad un ecologista concentrato sulle creature. È esattamente il contrario: le creature sono un riflesso del Creatore. Di qui il rispetto e la sensibilità che occorre avere verso il creato.

La seconda cosa che Francesco raccomanda a tutti i cristiani è la libertà è il distacco delle cose materiali. “Gli uomini perdono tutte le cose che lasciano in questo mondo”. Così dicendo Francesco mette a nudo il vero male della società del suo tempo, inebriata dalle prime esperienze di un benessere diffuso anche se ristretto alle elités, sullo sfondo di una società che cerca di affrancarsi dal feudalesimo, che si concentra nelle città più che nella campagna, che si caratterizza per la crescita degli scambi commerciali.

Anche qui si sbaglierebbe ad attribuire a Francesco una coscienza sociale. Mentre occorre rilevarne la coscienza evangelica: solo se l’uomo si rinnova interiormente anche la società e le strutture si modificano. Il paradosso è che nessuno del Medioevo si è proposto meno di Francesco di cambiare la società e nessun uomo del Medioevo ha, di fatto, più di Francesco, cambiato la società.

Francesco ricorda che vorrà essere deposto “nudo sulla nuda terra”. È sorprendente che usi la parola sorella per la terra come per la morte. Perché per Francesco la terra che è bassa ci ricorda la nostra piccolezza, ma ci dice pure la radice e il grembo della vita che sempre torna a Dio.

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