Omelia del Vescovo Domenico nelle esequie di don Ubaldo Leonetti

Giovedì 31 Dicembre, omelia del Vescovo Domenico Pompili nelle esequie di don Ubaldo Leonetti, tornato alla casa del Padre a causa del covid-19

Omelia del Vescovo Domenico nelle esequie di don Ubaldo Leonetti – 31 dicembre 2020 – Ascoli

(1 Gv 2,18-21; Sl 96; Gv 1,1-18)

“Figlioli, è giunta l’ultima ora”. Quando l’autore della prima lettera di Giovanni scrive ai cristiani della seconda generazione intende reagire a quanti in nome di un’attesa spasmodica della fine, finiscono per distogliere dal concreto. Non si riferisce, dunque, alla fine del mondo. Piuttosto pone all’attenzione di tutti l’accelerazione che la storia ha subito con l’avvento di Cristo. Questa percezione del tempo che non scorre sempre uguale a se stesso, abitualmente ci sfugge, salvo quando qualche persona cara improvvisamente ci lascia. Oggi siamo qui per la repentina scomparsa di don Ubaldo, il cui carattere asciutto e concentrato ne faceva una personalità che “graffiava” la realtà. Ne sanno qualcosa i suoi innumerevoli alunni che lo hanno avuto come maestro e si sono confrontati con un testimone, tutt’altro che accomodante.

Come avete sentito dire che l’anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti”. Il testo neotestamentario incalza per chiarire chi è l’anticristo. Non si tratta di un individuo isolato, ma è la personificazione dell’opposizione a Cristo, propria di tutti i tempi e di tutti i luoghi. La cosa sorprendente è notare che gli anticristi “sono usciti da noi, ma non erano dei nostri”. Come a dire che l’opposizione a Gesù Cristo non va trovata lontano dalla comunità – presso i non credenti per intenderci – ma piuttosto “dentro”, cioè proprio da parte dei sedicenti cristiani che hanno rinnegato la consistenza del cristianesimo. Non è forse vero che la credibilità di noi pastori è la questione, ancor prima della nostra ortodossia? Anche da questo punto di vista, don Ubaldo è stato una figura “controvento”, nel suo stile un po’ rude, come le montagne di Preta, da cui proveniva. Questo è il punto: il prete, per meglio dire il cristiano, è un alter Christus, ma può rivelarsi un anticristo, quando occupa la scena senza far emergere Lui, la sua Parola, la sua Grazia.

“Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza”. La conoscenza di cui qui si sta parlando non è un sapere astratto, ma è la sapienza della vita, non a caso paragonata ad un’unzione, il cui profumo si sparge intorno a sé. Come scrive S. Agostino: “Uno solo è il vostro maestro: Cristo. Egli dunque vi parla dentro, quando non c’è nessun uomo… Cristo sia nel tuo cuore, nessun altro, la sua unzione sia nel tuo cuore, perché il cuore non si trovi nella solitudine, assetato, e non abbia sorgenti dalle quali sia irrorato. E’ dunque dentro il maestro che insegna, è Cristo: la sua ispirazione ammaestra. Se mancano la sua ispirazione e la sua unzione, invano dal di fuori risuonano le parole” (Commento a 1 Gv, III, 13). Questo è stato don Ubaldo, per quel che abbiamo imparato da lui.

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